I pericoli del greenwashing nel recruiting e altre forme di inganno sociale

I pericoli del greenwashing nel recruiting e altre forme di inganno sociale

La sostenibilità, la diversità e la politica sociale sono valori preziosi per un’azienda e, al giorno d’oggi, sono molto importanti. Non solo per motivi sociali, ma anche perché sia i clienti che i (nuovi) collaboratori li apprezzano. Ma attenzione a non trasformare l’adottare questi valori in un fine a sé stante o, peggio, in qualcosa di ingannevole. Il greenwashing (o blue-, pink-, social-) è in agguato e questo potrebbe avere effetti contrari. O addirittura conseguenze legali. In questo articolo spieghiamo meglio perché.

In un altro articolo abbiamo già spiegato quanto sia importante rendere più sostenibile la propria azienda e quali passi intraprendere per farlo. Ma chi rende la propria azienda “verde” solo per le apparenze sta sbagliando. Soprattutto se risulta che viene presentato un quadro troppo ottimistico rispetto alla realtà. Questo fenomeno è noto come “greenwashing”: mostrarsi più green (e quindi più sostenibili) di quanto non si sia in realtà, per ottenere un vantaggio.

Oltre al greenwashing, esistono altre forme di inganno sociale, come il blue washing, il pink washing e il social washing. Prima di spiegare perché anche queste forme di “washing” vanno evitate, vediamo brevemente cosa significano, con alcuni esempi.

Le diverse forme di “washing”

1. Greenwashing

Come detto, il greenwashing significa che un’azienda si presenta come più “verde” (e quindi più sostenibile) di quanto non lo sia in realtà.

Per esempio, pensa ad un’azienda che vanta con orgoglio una flotta di veicoli elettrici, ma nel frattempo ha una gestione aziendale altamente inquinante. O una società di abbigliamento che si presenta come ecologica grazie all’uso di “cotone biologico”, ma che non menziona che l’intero processo di produzione e trasporto è altamente dannoso per l’ambiente.

2. Social washing

Il social washing riguarda la creazione di un’immagine socialmente responsabile da parte delle aziende che non è pienamente rispecchiata dalla realtà.

Ad esempio, un’azienda che afferma di dare valore alla diversità, ma che nel management ha solo uomini. Oppure una società alimentare che afferma di pagare prezzi equi ai contadini stranieri, ma che in pratica lo fa solo in minima parte. Concentrarsi su un singolo aspetto sociale fa deviare l’attenzione dalle pratiche meno sociali in altre aree della filiera.

3. Pink washing

Il pink washing riguarda le aziende che dichiarano di essere inclusive nei confronti della comunità LGBTQ+, ma che in pratica non lo sono sul posto di lavoro.

Immagina un’azienda che partecipa alla parata del Pride, ma che all’interno non promuove una cultura inclusiva tra i suoi dipendenti. O un’azienda che nel suo logo sui social media espone una bandiera arcobaleno, ma che continua a fare affari con governi di paesi dove l’omosessualità è criminalizzata. Oppure dove i dipendenti vengono discriminati senza che le loro lamentele vengano prese sul serio.

4. Blue washing

Nel blue washing, le aziende si vantano di partecipare ad iniziative delle Nazioni Unite (come il UN Global Compact), ma nella pratica non aderiscono ai principi dichiarati. Il “blue” di blue washing si riferisce al colore delle Nazioni Unite.

Immagina un’azienda che si è unita al UN Global Compact (che fornisce linee guida per l’imprenditoria responsabile) e che espone icone SDG (Obiettivi di Sviluppo Sostenibile) sul suo sito, ma che in realtà è coinvolta in attività inquinanti o nello sfruttamento dei lavoratori in paesi a basso salario.

Conseguenze dannose

Ostentare una virtuosità maggiore rispetto a quella reale può avere effetti controproducenti: se clienti e consumatori scoprono che sei meno ‘green’, ‘blue’, ‘pink’ o socialmente responsabile di quanto dichiari, la reazione negativa sarà ancora più forte rispetto a quella che avresti ricevuto senza aver mai fatto tali affermazioni. Sfruttare valori socialmente apprezzati per fare marketing è dannoso per la tua reputazione.

E le persone capiscono più velocemente di quanto tu possa immaginare. Specialmente nell’era della trasparenza, con innumerevoli canali sociali, è difficile nascondere la propria vera natura. Più dichiarazioni fai sul quanto sei “green”, “pink”, “blue” o social, più velocemente le persone vorranno verificare se ciò che affermi corrisponde alla realtà.

In Italia, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) si occupa di monitorare e sanzionare pratiche pubblicitarie ingannevoli, inclusi i casi di greenwashing. Ad esempio, nel 2020, un famoso brand di carburanti ha dichiarato che i suoi prodotti fossero “a impatto zero” in termini di emissioni di CO2. Tuttavia, l’AGCM ha ritenuto che questa affermazione fosse fuorviante, in quanto non spiegava adeguatamente il processo di compensazione delle emissioni e non forniva prove sufficienti della sua efficacia. Questo tipo di pubblicità, senza dettagli chiari e verificabili, può facilmente essere interpretato come greenwashing.

L’AGCM, pur non avendo il potere di applicare multe dirette in alcuni casi, può richiedere che la pubblicità venga modificata o ritirata, e le sue decisioni vengono pubblicate, il che può danneggiare seriamente la reputazione di un’azienda. Questo processo di “debranding” non solo ha implicazioni legali, ma anche pratiche, in quanto riduce la fiducia dei consumatori nel brand e può influire sulla sua percezione sul mercato.

A parte i danni reputazionali, con il greenwashing possono esserci anche conseguenze legali. In Italia, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) interviene attivamente contro il greenwashing. Le aziende possono ricevere avvisi o anche sanzioni.

Per le altre forme di “washing”, le misure legali sono più difficili da applicare. Un’azienda che è meno inclusiva di quanto affermi non può essere facilmente denunciata. Tuttavia, è possibile che lo venga se adotta politiche discriminatori.

Com’ evitare l’inganno

Per tutelare la tua reputazione ed evitare reclami legali, è bene evitare tutte le forme di “washing”. Ecco alcuni punti da considerare:

1. Guardare a tutti i livelli

Se vuoi essere un’azienda green, socialmente responsabile e inclusiva, assicurati che questi principi siano applicati in tutti i settori aziendali. Non focalizzarti esclusivamente su un singolo aspetto che possa risultare vantaggioso dal punto di vista del marketing, ma valuta l’azienda nella sua totalità per identificare tutte le aree in cui è possibile apportare miglioramenti.

2. Sostenere le tue affermazioni con dati concreti

Non dire solo che sei green o diversificato, ma supporta queste affermazioni con dichiarazioni concrete. Esempi:

  • “Il nostro imballaggio è composto al 95% da materiali riciclati.”
  • “Adottiamo la selezione anonima per tutte le offerte di lavoro.”

Questo tipo di dichiarazioni è molto più efficace di frasi vaghe come “Per noi la sostenibilità è importante” o “Abbracciamo la diversità”.

3. Farsi valutare da enti ufficiali

È molto utile far valutare le tue politiche da enti riconosciuti. Alcuni enti che lo fanno includono:

  • B-Corp – organizzazione internazionale che certifica la sostenibilità e l’impatto sociale delle imprese.
  • UNI – Ente Nazionale Italiano di Unificazione, è l’ente di certificazione che gestisce migliaia di norme, tra cui quelle relative alla gestione ambientale, come la ISO 14001 (la norma internazionale per la gestione ambientale).

Anche il supporto delle tue affermazioni con brand di qualità riconosciuti è molto potente. Alcuni esempi includono:

  • ISO 14001 – la norma internazionale per la gestione ambientale.
  • Ecolabel UE – il brand ecologico europeo ufficiale per prodotti e servizi non alimentari.
  • FSC (Forest Stewardship Council) – brand riconosciuto a livello globale che garantisce che il legno utilizzato provenga da foreste gestite in modo responsabile.
  • Fairtrade – brand internazionale che ha lo scopo di migliorare le condizioni di vita e di lavoro dei produttori agricoli nei paesi in via di sviluppo e proteggere l’ambiente.

4. Coinvolgere il personale

Coinvolgi il tuo personale nei tuoi progetti. Sono gli occhi e le orecchie della tua azienda e possono individuare facilmente le aree in cui puoi migliorare. In particolare, per quanto riguarda la diversità, ascolta le esperienze del tuo personale. Anche per rendere l’azienda più “verde”, potrebbero avere suggerimenti utili che potrebbero sfuggire alla direzione.

Un aspetto positivo è che, coinvolgendo il personale, aumenti la possibilità che promuovano i tuoi valori con entusiasmo e convinzione.

5. Ascolta anche le critiche

Se ti arriva una critica, prendila sul serio e verifica se è fondata. Parla con la persona o l’organizzazione che ha sollevato la questione e cerca di capire come puoi migliorare.

6. Non temere di non essere perfetto

Se desideri rendere la tua azienda più verde o più sociale, probabilmente non riuscirai a farlo tutto in una volta. Non temere di comunicarlo apertamente. Dì quali sono i tuoi obiettivi, anche se non li hai ancora raggiunti.

Per esempio:

  • Il 25% dei nostri imballaggi è riciclabile, il nostro obiettivo è arrivare al 100% nel 2027.
  • Il nostro management è attualmente composto per il 30% da donne, ma vogliamo raggiungere il 50% nei prossimi tre anni.

In questo modo, anticiperai eventuali critiche e impedirai che le tue dichiarazioni vengano interpretate come green-, pink-, blue- o social-washing.

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