“Il tempo? Qui non è un fattore come gli altri. E abbiamo uno stile e regole tutte nostre, come una piccola repubblica fondata sulla formazione.”

Immaginate per un attimo la scena. Siete nel cuore di un’intervista che scorre fluida. Davanti a voi i responsabili del dipartimento HR di un’azienda che macina fatturati a sei zeri. La domanda a cui stanno provando a rispondere ha a che fare col concetto di tempo – avete appena chiesto se da quelle parti rappresenti un valore universale o se invece muti, col passaggio da un dipartimento all’altro. Immaginate una risposta articolata. E al centro di questa risposta una frase del genere: “Il nostro customer service risponde al primo squillo. Quando il cliente chiama, in tre secondi è in linea con noi. La facciamo spesso la prova, anche in sede di colloquio con il candidato. Per mostrargli chi siamo veramente e qual è la nostra forza in un mercato complesso come quello in cui operiamo. Perché qui, il tempo, lo misuriamo in efficienza”. Adesso immaginatevi interrompere il vostro interlocutore – che nel frattempo è andato avanti con la risposta – per chiedergli: “beh, potremmo farla anche adesso una prova col customer service”. Quindi immaginate il silenzio, e gli occhi di entrambi sgranarsi, ma è giusto un attimo, prima di sorridere. Immaginate allora uno dei due alzarsi, prendere il catalogo e aprirlo alla pagina che indica il numero verde. Immaginate l’altro estrarre il cellulare dalla tasca, comporre le cifre che servono, premere la cornetta verde.

E sempre, sempre, con quel sorriso negli occhi.

Ora immaginate un rumore. Una cosa che sembrerebbe somigliare a uno squillo di telefono, se non fosse interrotto, appena prima della fine, dalla voce professionale di Greta. Solo una delle tante operatrici addette al customer service di Lyreco Italia.

A questo punto immaginate l’espressione sui volti di Pamela Brioschi e Federico Bresciani, rispettivamente HR Project Leader e Recruiter di questo gigante francese della distribuzione di prodotti e soluzioni per l’ambiente di lavoro. Perché è con quella espressione sui volti, poi, che è andata avanti la nostra intervista.

 

Beh, allora complimenti!

Federico: (sorride) grazie, ma è il minimo che ci si possa aspettare da un’azienda come la nostra. Dopotutto pensaci, siamo una realtà che vende migliaia di prodotti, divisi in più cataloghi a seconda del tipo di cliente a cui ci rivolgiamo. Alcuni sono più complessi, certo, ma la maggior parte sono… mi verrebbe da dire banali, nel senso di facilmente reperibili sul mercato. E allora, se la nostra è una realtà che sta bene, che cresce, si sviluppa e continua ad investire anche con un mercato così denso di competitor, lo deve soprattutto alla qualità del servizio che è in grado di offrire. E questo, per noi, vuol dire solo una cosa: tempestività.

Pamela: che decliniamo però in molti altri modi. Perché la risposta al primo squillo del customer service in fondo non è che un aspetto di un servizio molto più articolato, che ingaggia diversi professionisti, e che, nel 99,4% dei casi, comincia con una consegna effettuata entro le 24 ore dall’ordine.

 

Numeri precisi a fronte di un’automazione praticamente inesistente. Perché mi pare evidente che l’efficienza in Lyreco si regga su competenze squisitamente umane. Non è complicato occuparsi di recruiting in un’organizzazione in cui ci si aspetta così tanto dall’uomo, rispetto ad una in cui l’automazione e la tecnologia giocano invece un ruolo maggiore?

Pamela: più complicato non lo so, non saprei dire. È chiaro però che non posso chiedere a un candidato qualcosa che io per prima non gli mostro. Il sorriso, l’energia, la voglia, la spinta. E’ un po' più complesso forse, sì, perché rispetto a competenze tecniche, che con uno specialista accanto si possono più facilmente misurare, indagare competenze soft come la passione e la motivazione può risultare un processo un tantino più articolato.

Federico: in quanto realtà puramente commerciale e non produttiva, in Lyreco tutto è incentrato sulla persona. Ecco anche perché il candidato che viene a sostenere il colloquio in sede ha un vantaggio che altri non hanno. Perché può respirare il clima che c’è in azienda tutti i giorni. Toccarlo con mano, senza correre il rischio di pensare che qualcuno gli stia vendendo qualcosa che non esiste.

 

D’accordo, ma da dove partite? Quando pensate alla figura del dipendente Lyreco, che profilo vi immaginate alla base?

Pamela: un profilo smart, flessibile, con grande capacità di adattamento, una eccellente motivazione perché a parità di competenze o a competenze inferiori, sceglierò sempre la persona con meno competenze ma più motivata, tanto poi penseremo noi a formarla. E poi che abbia la giusta energia, la giusta dinamicità, capacità di fare squadra, e che sia disposto ad ascoltare.

Federico: e con una grande propensione alla conoscenza, aggiungerei a tutto questo. Voglio dire,  anche se uno ha venduto poco nella sua vita, e al colloquio arriva magari anche privo di alcune skills necessarie per ricoprire il ruolo per il quale si candida, ma ha dalla sua il giusto entusiasmo e la voglia di mettere in circolo tutta l’energia di cui dispone, in Lyreco avrà sempre una chance da giocarsi. Anzi, i casi di maggiore successo tra i collaboratori li abbiamo con persone formate in azienda. Perché su quello non si discute: l’iter di formazione per noi è fondamentale.

 

Ah, ecco, quella efficienza di cui parliamo ve la fabbricate in casa?

Pamela: in Lyreco la parola chiave è formazione. Dallo stagista fino al direttore di dipartimento, tutti da noi fanno costantemente formazione, ma ognuno in maniera diversa. Accogliamo tutti i nuovi assunti con accurati programmi di induction che prevedono formazione in aula, affiancamenti con colleghi di altri reparti e sul campo e coaching costante del capo. In questo modo il nuovo arrivato può conoscere velocemente l’azienda, i suoi valori, le strategie ed un metodo di lavoro organizzato e vincente.

 

D’accordo, ma dove li andate a cacciare questi potenziali talenti da inserire? C’è un momento preciso in cui Monster smette di essere solo un player del digital recruiting e diventa un alleato nell’avvicinamento al vostro target di riferimento?

Federico: Senza dubbio. Monster è uno dei nostri fornitori oltre che il principale strumento a supporto delle nostre attività. Nel corso degli ultimi sei anni abbiamo molto razionalizzato l’utilizzo di strumenti a supporto delle nostre attività, eppure Monster resta una player indispensabile, è con lui che lavoriamo di più in termini di avvicinamento ai candidati. Soprattutto in un’ottica di visibilità esterna, per noi assolutamente fondamentale se penso ai profili più giovani.

Pamela: Per noi strumenti come Monster diventano fondamentali proprio in termini di visibilità sui candidati e in chiave Employer Branding. Del resto Lyreco è un’azienda che gode di una grande reputazione nel mondo del lavoro, ma sotto i 30 anni, agli occhi del neolaureato, siamo da sempre poco riconoscibili.

 

Mi pare ci si stia girando un po’ intorno. Quali sono allora secondo voi i pilastri di un buon Employer branding?

(a questo punto si guardano, bisbigliano qualche parola a voce più bassa, tra loro. La scena dura pochi secondi. Poi Federico fa cenno di sì con la testa in direzione di Pamela, dice “vai, vai”. E Pamela, semplicemente, va)

Uno è senza dubbio la trasparenza. In Lyreco ci piace essere franchi da subito. Chiarire sin dal primo colloquio cosa ci si può aspettare dalla posizione che si offre, esplicitare tutti i dettagli del lavoro, gli aspetti economici, le eventuali opportunità future. Per ogni tipo di posizione aperta, al candidato facciamo la “black picture”, per far capire da subito, senza sorprese future, cosa vuol dire lavorare per noi. Anche nelle difficoltà. E poi, che vada bene o che vada male, un feedback sul colloquio Lyreco lo dà sempre. Un altro pilastro di un buon Employer Branding è per noi la progettualità a lungo termine. Che vuol dire? Che per noi una persona inserita è una persona che potenzialmente lavorerà in Lyreco per i prossimi vent’anni.

 

Certo non dev’essere semplice scovare talenti e rispettare sempre le regole che vi siete imposti. In Lyreco avete non uno, ma due codici di comportamento. E l’istinto di un HR in tutto questo che fine fa?

Federico: i nostri principi etici non sono mai stati un paletto per la nostra attività di recruiting, anzi. Io faccio sempre questo esempio ai candidati: è come quando vai a giocare a pallone al parco con gli amici, con i paletti al posto delle porte vere, che tiri e non sai mai se è goal oppure no. Ecco, diciamo che questi codici ci permettono di dire quando una cosa è “fuori”, quindi sbagliata, oppure no. Insomma abbiamo molta autonomia, molta possibilità di muoverci, di andare anche oltre quella riga, se necessario.

Pamela: E vale per noi ma vale per tutti. Anche per i commerciali. A loro vengono date alcune regole di base, alcuni principi inviolabili, ma poi non solo possono, ma anzi devono metterci molto del loro.

 

E quindi, se doveste dire a un candidato cosa insegna lavorare in Lyreco, quale aspetto, tra i tanti che avete imparato vivendo questa realtà, scegliereste?

Pamela: (ride) Lavorare in Lyreco insegna a fare qualsiasi lavoro. Perché insegna un modello, prima di tutto. Un insieme di valori che sono universali: dai temi più grandi e inflazionati come l’ascolto del collega o il “fare squadra”, che può apparire banale ma che poi non lo è affatto, fino a cose più piccole, come rinunciare all’ascensore e farsi un piano di scale a piedi perché così si risparmia, o dire buongiorno a tutti. Cose così, che io trovo preziose, forse perché mi appartengono da sempre, e riscoprirle in un’azienda mi pare fantastico. 

Federico: non penso di dover aggiungere nient’altro. Anzi forse sì, ma riguarda più il rapporto coi manager e coi colleghi in generale. Ed è il feedback sincero, anche negativo. Perché aiuta, sempre. E fa la differenza tra un lavoro che vale uno stipendio e un lavoro che ti fa venire voglia di alzarti al mattino.