HR strategy: per mettere la persona al centro si va dall’individuale al collettivo
A giudicare da cosa accade nelle direzioni HR di mezzo mondo, il tema della persona al centro può essere considerato forse il vero pilastro su cui si fonda l’era post pandemica.
Le attenzioni, la cura e in generale l’interesse verso la soddisfazione delle proprie risorse, manifestato dalle organizzazioni fin dal giorno zero della pandemia, non solo non è mai diminuito, ma, anzi, se possibile è cresciuto progressivamente man mano che ci si allontanava dalla fase più acuta dell’emergenza.
Come ci si spiega, allora, questa inversione di tendenza rispetto al passato? Cosa sta spingendo i professionisti delle risorse umane a rovesciare la piramide dell’HR strategy e a concentrarsi sull’individuale allo scopo di raccogliere benefici sul collettivo?
È quello che proveremo a spiegare in questo articolo, cercando di descrivere bene di cosa parliamo quando parliamo di mettere la persona al centro in un’organizzazione.
La persona al centro: ma al centro di che?
La prima cosa che andrebbe spiegata, quando in ambito HR si usa la formula “mettere la persona al centro”, è proprio: ma al centro di che? Cos’è, insomma, questo “centro” di cui parlano tanto i professionisti e gli esperti di risorse umane?
Sarebbe fin troppo facile rispondere che il centro a cui ci si riferisce altri non è che l’importanza – la centralità, appunto – che nelle organizzazioni viene attribuita alle persone come “capitale” necessario per raggiungere un determinato obiettivo di crescita.
Che è vero, intendiamoci. Ma ciò non toglie che una descrizione di questo tipo non risolve la curiosità di partenza. C’è bisogno allora di andare un po’ più a fondo e di elencare una parte degli elementi che compongono questo “centro”.
Iniziamo citandone alcuni, secondo noi i principali. Va detto però che la lista può essere molto più lunga di così. Perché un’altra cosa che ha di bello la definizione “mettere la persona al centro” è che la dimensione di questo centro è lasciata alla visione strategica e alla sensibilità (ma sarebbe giusto dire anche alle risorse) che ciascuna azienda o direzione HR può o meno mettere sul piatto.
Gli elementi di una “people centered” strategy:
● clima aziendale di qualità, meglio se orientato al self empowerment
● rapide e costanti opportunità di carriera
● piani di formazione individuale
● visione olistica del benessere del collaboratore
● ascolto sistematico di bisogni e delle criticità incontrate dal singolo
● partecipazione alle scelte attraverso survey e momenti aggregativi
● iniziative di engagement calibrate sull’esperienza personale
Alle origini della employee experience
In altre parole, l’idea di persona al centro è la riproduzione, in scala 1:1, del concetto di employee experience. O, se preferite, l’elevazione della people centered strategy a modello d’impresa. Una strategia in cui la persona è davanti al business. In cui la persona, insomma, è al centro di tutto.
Chiarito questo, è evidente però che una strategia di questo tipo non si improvvisa. Impossibile pensare di avviarla randomicamente, un collaboratore sì e due no, senza alcuna logica, e magari pure a metà del percorso che la persona compie all’interno dell’organizzazione.
Perché una cultura del genere permei tra i collaboratori a tutti i livelli e raggiunga la sua efficacia, occorre preparare il terreno prima che le risorse entrino in azienda. Ecco perché per mettere la persona al centro serve prima di tutto una trasformazione culturale dell’intero management.
E, successivamente, occorre ricalibrare tutte le tappe della vita professionale della risorsa in un’ottica “people oriented”:
● Recruiting: fin dalla ricerca e selezione l’attenzione deve essere rivolta alla risorsa
● Onboarding: in questa fase la persona assorbe la cultura aziendale
● Induction: il periodo in cui la divisione HR monitora e facilita il corretto inserimento
● Experience: la fase “operativa”, in cui la risorsa contribuisce ad alimentare la cultura
● Exit: accompagnare all’uscita significa non disperdere il capitale culturale investito
Partire dall’individuale per arrivare al collettivo
Mettere la persona al centro significa dunque rovesciare letteralmente la piramide dell’HR strategy. Tradotto: se fino a qualche anno fa le (poche) soluzioni di people caring introdotte nel mercato del lavoro italiano venivano pensate, organizzate e messe in atto dall’alto (il management) verso il basso (la popolazione aziendale), oggi bisogna ribaltare questa prospettiva.
Non esiste insomma altra strada che partire dai sempre diversi e sempre nuovi bisogni del singolo per disegnare strategie collettive.
La pandemia, in fondo, ci ha insegnato proprio questo: anche se allineati gli uni agli altri, i bisogni dei collaboratori non sono tutti avvertiti allo stesso modo. Sappiamo ad esempio che le persone chiedono sempre maggiore flessibilità alla propria organizzazione, ma un corretto work-life balance resterà sempre un fattore soggettivo. Prendete una mamma, o un qualsiasi caregiver, e paragonate la sua idea di flessibilità a quella di un giovane neoassunto.
O ancora. Sappiamo che i nostri collaboratori cercano uno scopo nel lavoro che vada al di là di uno stipendio competitivo, ma quale sia lo scopo dipende da una miriade di elementi, tutti iper soggettivi (anagrafici, familiari, territoriali, sociali).
Il ROI di una “people oriented” strategy
Senza voler entrare nel merito di ciascun vantaggio, è innegabile che una politica di questo tipo, che tende cioè a costruire un dialogo col singolo collaboratore per generare vantaggi a livello globale, porta con sé innumerevoli opportunità.
Anche in questo caso, ci soffermeremo su quelle più evidenti:
● rafforza la cultura aziendale
● genera benefici in ottica di employer branding / brand awareness
● contribuisce a contrastare il disengagement
● riduce sensibilmente fenomeni come quiet quitting e great resignation
● tende ad azzerare i costi connessi al job hopping
Basterebbe questo per capire che un’azione di people caring “dal basso verso l’alto” può generare un ritorno dell’investimento in grado di convincere anche gli HR più scettici rispetto a questo tipo di approccio.
E i continui segnali che ci arrivano dal mercato ci aiutano a comprendere meglio quanto questa della personalizzazione dell’esperienza del lavoro non sia una moda passeggera. Bensì uno dei cambiamenti strutturali del mercato del lavoro lasciati in eredità dalla pandemia.
La persona al centro come simbolo del tuo Employer Branding
Inutile girarci intorno, un modello organizzativo che mette la persona al centro richiede programmazione (molta), risorse (abbastanza), e soprattutto tempo. Tutte cose che in un mercato iper dinamico come quello attuale, non sempre le nostre organizzazioni riescono a garantirsi.
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