La personal ecology entra in azienda: empowerment e benessere dei collaboratori

Sentite per la prima volta il termine “Personal Ecology”: a cosa pensate? Se non vi viene in mente niente che abbia a che fare con la qualità del tempo al lavoro delle nostre persone, allora siete fuori strada.

E comunque, state tranquilli: se non vi era ancora capitato di sentirne parlare, fate parte di almeno il 50% delle persone. Ma se vi occupate a vario titolo di HR e people management, allora la vostra è la metà sbagliata.

Perché la Personal Ecology, o in qualunque altro modo decideremo di chiamarla nei prossimi anni, promette di cambiare alla radice il patto che lega le persone alle organizzazioni per cui lavorano. In questo articolo racconteremo da dove arriva questo termine e perché lo sviluppo delle nostre imprese passa inevitabilmente dalla combinazione di questi due termini.
Da dove viene (e dove vuole arrivare) la Personal Ecology
Prima di dirvi in cosa consiste la definizione Personal Ecology, però, è importante capire da dove arriva. Perché chi se lo è inventato dice già molto del suo significato.

Tutto nasce in L’Orèal, il gigante francese della cosmetica, che decide di dare questo nome a un programma che ha come unico obiettivo il benessere delle migliaia di collaboratori sparsi in tutto il mondo.

Ma cosa rende la Personal Ecology di L’Oréal un autentico game changer rispetto a qualsiasi altro piano di corporate wellbeing? Semplice: la co-progettazione del piano tra azienda e collaboratori.

In cosa consiste l’approccio di L’Oréal
Già in passato abbiamo riflettuto sulla centralità di una visione olistica del benessere delle persone nelle nostre organizzazioni. Ora però L’Oréal ci spalanca le porte di un livello successivo: la Personal Ecology. Ovvero una visione integrata di corporate wellbeing, totalmente finanziata dall’azienda, ma progettata a quattro mani tra la funzione HR e le persone a cui si rivolge. BINGO!
In pratica la Personal Ecology proposta da L’Oreal non si limita al benessere fisico, ma si estende a un concetto più ampio, che coinvolge l’equilibrio tra corpo, mente e ambiente lavorativo. Si tratta di un approccio innovativo che promuove la salute mentale, il benessere emotivo nonché l’equilibrio tra vita professionale e personale dei collaboratori.

I pilastri della Personal Ecology:
● Equilibrio: riconoscere che un dipendente in equilibrio è più produttivo e felice. Per questo la filosofia alla base della Personal Ecology si concentra sui fattori di creazione di un ambiente di lavoro che favorisca questo equilibrio.
● Self empowerment: l’azienda offre programmi di sviluppo personale e professionale che aiutano i dipendenti a crescere non solo in ambito professionale, ma anche sociale.
● Flessibilità: l’organizzazione investe nell’innovazione e nell’adattamento continuo, creando spazi per l’espressione delle idee e la flessibilità nel modo di lavorare.
Le parole chiave di un cambio di paradigma
L’esempio di L’Oréal è senz’altro il primo, ma non è il solo. Molte organizzazioni si stanno infatti velocemente spostando verso un nuovo paradigma:la creazione di un ambiente di lavoro sano attraverso la collaborazione attiva con i propri collaboratori. Un cambio che avviene attraverso l’uso di quattro parole-chiave.

● Protezione
● Salute
● Work-life integration
● Ambiente di lavoro

I collaboratori che stanno sperimentando la Personal Ecology possono godere, ad esempio:

● almeno 24 mesi di stipendio garantiti in caso di disabilità o morte
● almeno 14 settimane di primo parent leave al 100%
● almeno 6 settimane di secondo parent leave al 100%
● postazioni di lavoro rinnovate e personalizzate per un lavoro più personalizzabile
La Personal Ecology, vista dalle aziende
Oltre a un’idea di impresa più illuminata, dietro la Personal Ecology, però, ci sono anche ragioni meno filosofiche e più pragmatiche.

La stragrande maggioranza delle organizzazioni, infatti, ha compreso da tempo che il mercato del lavoro di domani sarà “people centered”, e quindi investire oggi in modelli organizzativi orientati a privilegiare il rapporto con i collaboratori anziché il business, significa acquisire un vantaggio competitivo nei prossimi anni. In chiave business, certo, ma non solo.

O meglio, non direttamente. Perché i vantaggi di una politica di people management di questo tipo promette di garantire una maggiore competitività in maniera indiretta. Ossia attraverso una diversa percezione della employee value proposition.
Tradotto:
● Più soddisfazione al lavoro
● Maggiore attrattività sul mercato dei talenti
● Engagement e retention assicurati
● Meno giorni di assenza e malattia
● Riduzione dei livelli di stress e più produttività
● Calo drastico dei tassi di turnover
● Minori investimenti in ricerca e selezione
● Tutela del know-how aziendale
Dai collaboraotri, per l’impresa (e non viceversa)
Capite allora come una strategia di questo tipo non si limita al semplice people caring, ma rappresenta anche un vantaggio competitivo per l’organizzazione. E questo perché collaboratori felici e realizzati sono più propensi a contribuire all’innovazione aziendale e alla realizzazione di obiettivi comuni.

La Personal Ecology rappresenta in sostanza un esempio di come un’impresa possa impegnarsi attivamente per il benessere dei propri collaboratori, riconoscendo che il successo collettivo (del gruppo) è strettamente legato al benessere individuale (del singolo).

Questo approccio olistico e innovativo non solo, dunque, garantisce benefici tangibili ai lavoratori, ma contribuisce anche alla crescita e al successo sostenibile dell’azienda nel panorama competitivo attuale.

Dalla Personal Ecology un contributo anche al recruiting
I vantaggi della Personal Ecology sono dunque evidenti, e casi come quello di L’Oréal sembrano dimostrare che la strada di un benessere co-progettato tra azienda e collaboratori è davvero possibile.

Certo, al momento si tratta di una strada percorribile solo per alcune aziende. Per molte, invece, la prospettiva di un benessere olistico è subordinata alla risoluzione di temi molto più dirimenti, come ad esempio vincere la sfida della talent scarcity.

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