Social, intelligenza emotiva e gioco di squadra: i pilastri per un'ottima reputazione al lavoro

Di Monster Contributor

L’immagine, al lavoro, è la soft skill più importante. E per questo godere di una buona reputazione in ambito professionale è fondamentale in un mercato che premia le competenze trasversali sopra ogni altra qualità tecnica.

Ma farsi una buona reputazione non è semplice, soprattutto perché è molto facile cadere in errori banali che potrebbero creare seri ostacoli alle relazioni con manager e colleghi. Spesso la difficoltà principale, nel tentare di mantenere un rapporto positivo con gli altri, risiede nella gestione di quella che gli esperti hanno imparato a definire come “intelligenza emotiva”.

Gestire le proprie emozioni, dosare l’empatia, saper interpretare gli umori di chi ci sta intorno: sono questi gli ingredienti essenziali per gestire al meglio la propria immagine e fare in modo che sia rispettata.

Reputazione al lavoro: ecco le 7 regole d’oro

Vale la pena allora concentrarsi su alcuni comportamenti da tenere (o da evitare) che possono aiutarci a gestire la nostra reputazione al lavoro. E a trovare anche la giusta sintonia con i colleghi, in qualsiasi contesto ci si trovi a svolgere il proprio mestiere. Ne abbiamo selezionati sette. Vediamoli insieme:

  • Tendenza all’isolamento
  • L’ultimo minuto
  • Tenere lontano il gossip
  • Confidenza a tutti, evitando lo stalking
  • Restare positivi anche sotto stress
  • Riparare agli errori
  • Social sì, ma non troppo

Tranelli e booster per assicurarsi la migliore reputazione in ambito professionale

Un po’ come le domande difficili al colloquio, anche la strada che porta a una buona reputazione al lavoro è lastricata di insidie. Situazioni e momenti che ci appaiono come facilitatori di buone relazioni e garanzia di rispetto professionale, potrebbero rivelarsi un terreno scivoloso per molti nostri colleghi.

Ma se questo è vero, allora è vero anche il suo contrario. E cioè che rinunce e atteggiamenti che sembrano allontanarci dai colleghi, potrebbero invece assumere il ruolo di veri e propri booster per avvicinarci al loro Io più autentico. Di cosa parliamo? Di questo:

  • Tendenza all’isolamento.

Chiaro che talvolta, presi da mille attività, è molto più semplice portare avanti il lavoro da soli e non perdere tempo in (inutili?) confronti con colleghi impegnati in altre attività. Ecco: è esattamente l’atteggiamento da evitare. Perché anche se effettivamente ininfluenti rispetto all’avanzamento del nostro workload, quel confronto costituisce la pietra d’angolo di ogni ottima relazione professionale. Non c’è niente di più utile che riconoscere il valore professionale di un/una collega per instaurare un legame professionale destinato a durare nel tempo. E chi pensa che chiedere aiuto sia un segnale di debolezza, non ha la minima idea di cosa sia la debolezza. Nel lavoro e fuori!

  • L’ultimo minuto.

Sembra una sciocchezza, ma è quello che in tanti notano di più. Siamo alla fine della giornata di lavoro (meglio ancora se la giornata è il venerdì) e noi siamo già lì col cellulare in mano a organizzarci il weekend, mentre i nostri colleghi sono ancora con la testa presi tra mille attività. Anziché rappresentare una fonte di distrazione, occupiamo il tempo libero a fine giornata per riordinare la nostra postazione, o, meglio, per offrire un supporto al/alla collega che sappiamo più in sofferenza. Bastano pochi minuti per fornire un’immagine di noi più collaborativa e professionale. E saranno i minuti che vi faranno ricordare dai colleghi.

  • Tenere lontano il gossip.

Confessiamolo: i gossip professionali sono alle volte perfino migliori di quelli delle celebrities che troviamo sui social. Ma rischiano seriamente di trasformarsi in una bomba atomica per la nostra reputazione al lavoro. Perché sono subdoli. Sembra che ci avvicino ai colleghi (non ai protagonisti, certo: agli altri), ma in realtà alla lunga creano diffidenza e minando la nostra credibilità ci allontanano dall’idea di professionista “super partes” a cui, invece, dovremmo sempre aspirare.

  • Confidenza a tutti, evitando lo stalking.

Avere delle buone relazioni all’interno della propria azienda significa (anche) essere ben accolti e socialmente interessanti. Nell’epoca in cui tutti mettono in discussione il CV, le referenze dei colleghi sono un patrimonio di credibilità a cui nessun professionista dovrebbe mai rinunciare. Perché il mercato del lavoro, per quanto appaia sconfinato, è più piccolo di quello che in realtà si crede. E la gente, come in un paesone di provincia, mormora.

  • Restare positivi anche sotto stress.

Conservare un atteggiamento professionale in ogni circostanza è complicato. Farlo quando tutto sembra andare storto è quasi impossibile. Eppure è esattamente quello che serve per assicurarsi una buona reputazione al lavoro. L’imperativo è non perdere mai le staffe, specie con chi c’entra marginalmente con il nostro/i nostri problemi, ed evitare quei comportamenti che potrebbero minare la nostra immagine irrimediabilmente. Restare positivi però significa anche evitare di lamentarsi continuamente e con sarcasmo dei carichi di lavoro o di questo o di quell’aspetto in azienda. In questi casi, se proprio non riusciamo a mostrarci proattivi e proporre nuove soluzioni, meglio un bel silenzio.

  • Riparare agli errori.

Sapete cosa dicono gli HR? Che il professionista migliore non è quello perfetto, ma quello meno imperfetto che prova a rimediare alla sua umana imperfezione. Chiaro il messaggio? Sbagliamo tutti, ma quello che conta è come rimediamo ai nostri errori. Ammettere una colpa, riconoscere un errore, farlo pubblicamente, significa guadagnarsi il rispetto di manager e colleghi. Molto più che un booster per la nostra reputazione al lavoro!

  • Social sì, ma non troppo.

Sappiamo che oramai è impossibile mantenere separate la vita privata e quella professionale. Talvolta un profilo ben curato sui network garantisce opportunità di lavoro e sbocchi di carriera importanti. Ma nel caso di un dipendente già ben inserito in un contesto aziendale, l’uso smodato dei social potrebbe nascondere insidie sgradevoli, perché anche momenti di vita spensierata, fuori dal lavoro, potrebbero minare l’immagine professionale che vorremmo mantenere. Ecco il motivo per cui consigliamo di gestire i social in modo oculato, magari utilizzando le liste privacy per condividere certi contenuti solo con i nostri amici (e colleghi) più cari.

Monitorare la propria immagine in azienda, se un aperitivo può bastare

Sarà anche complicato modificare i propri atteggiamenti, ma sappiamo quanto possono aiutarci a salvaguardare l’immagine professionale che proiettiamo sugli altri. Servirà quindi una grande dose di intelligenza emotiva e un minimo di applicazione. Talvolta però le cose possono prendere una piega diversa da come le abbiamo immaginate, perdiamo consapevolezza e allora diventa importante ricevere i giusti feedback. L’ultima raccomandazione allora è quella di monitorare costantemente l’immagine che proiettate sugli altri cercando i riscontri dei colleghi.

Come? Sempre in via molto informale. Potrete avere un’idea dell’atteggiamento percepito dagli altri anche chiacchierando al bancone di bar, o davanti a un aperitivo, dove di solito è molto più facile comprendere certe dinamiche relazionali. E se la nostra “indagine personale” dovesse avere un esito negativo, avremo sempre dell’alcol in cui affogare il dispiacere.

Migliora la tua reputazione al lavoro: al resto pensa Monster!

Curare la propria reputazione al lavoro è semplice, se sei come farlo. Con questo articolo abbiamo provato a riflettere sui meccanismi che possono aiutarci a proiettare una migliore immagine professionale sui nostri colleghi. Una volta recepito il consiglio, metti il tuo talento a disposizione della community Monster. Carica ora il tuo CV e preparati a ricevere ogni giorni le offerte più adatte al tuo profilo professionale. Lascia che il lavoro ti raggiunga.