Rifiutato dopo un colloquio di lavoro? Ringrazia.
Hai presente la storia per cui chiusa una porta si apre un portone? Ecco, sappi che potrebbe mancare un pezzo al finale che ti hanno sempre raccontato. Che le porte spesso si chiudano e portoni si spalanchino a te un istante dopo, intendiamoci, può essere vero, ma perché questo avvenga occorre di solito metterci lo zampino. Che nel caso di un rifiuto dopo un colloquio di lavoro che credevamo superato può voler dire spesso soltanto una cosa: saper ringraziare.
No, nessuno è impazzito. Anzi. Crediamo di conoscere bene il valore di un rifiuto dopo un colloquio di lavoro che davamo per riuscito. Sappiamo cosa vuol dire portare addosso il peso di una disfatta quando ormai ci sentivamo al traguardo vittoriosi, e veder svanire quel posto sul quale cominciavamo già pure un po’ a fantasticare. Ma conosciamo bene anche i meccanismi che spesso animano gli uffici di molti responsabili delle risorse umane, e quello che abbiamo imparato è che un No, a volte, può essere un Sì che ancora non lo sa.
Ecco perché, al di là del suo esito, se durante il colloquio di lavoro hai avuto ottime impressioni riguardo l’azienda, se ti sei sentito accolto come uno del team pur non facendone parte, e in definitiva se ritieni di essere uscito arricchito da quella esperienza sotto il profilo umano e professionale, in quel caso lì, e solo in quel caso lì, tutto quello che hai da fare, è dirlo.
Perché? La domanda giusta è: perché no? In fondo, pensaci, cos’hai da perdere? tempo? Andiamo, quanto puoi impiegare buttando giù una mail con dentro pensieri che, se ti sei trovato davvero bene, hai già chiari nella testa? Di contro, senza nemmeno accorgertene, puoi aprirti le porte (anzi portoni) per una seconda opportunità di lavoro in quella società. Col vantaggio, stavolta, che la selezione l’hai già passata.
Dopotutto, pensaci: se sei andato davvero bene come credi - e certe cose si capiscono al volo senza bisogno di spiegarle - è molto probabile che anche il tuo selezionatore abbia provato lo stesso, e il tuo nome sia così il secondo, o al massimo il terzo in una lista ristretta che prevedeva però un solo posto da assegnare. Poco male: essere lì, in quella cerchia, è già un gigantesco passo in avanti. Ma perché quel portone si spalanchi, dicevamo, bisogna seminare qualche traccia e lasciare un buon ricordo di sé. Una lettera di ringraziamento, poiché molto rara e quindi di grande impatto, può essere la soluzione più facile e intelligente per lasciare un buon ricordo di te all’azienda.
Tanto per cominciare, non puoi sapere se chi ti ha soffiato il posto, alla fine, accetterà il lavoro. Né quali dinamiche possono innescarsi perché la trattativa tra lui e l’azienda vada in porto. E non puoi sapere nemmeno se, dopo un periodo di prova, l’azienda scoprirà in realtà che le qualità che aveva preferito alle tue facciano davvero al caso suo. A quel punto un datore di lavoro mediamente avveduto non ripartirà da zero, ma riprenderà il processo di selezione esattamente da dove lo aveva interrotto. Nel tuo caso, chiedendoti se sei ancora interessato al posto. Aver quindi lasciato di te un’ottima impressione inviando una semplice lettera di ringraziamento con le due, tre cose che ti porti dietro di quella esperienza nell’azienda, farà del tuo il primo nome da cui partire per occupare quella posizione rimasta aperta.
Ma ricorda: onestà prima di tutto. Quindi niente messaggi copia-incolla o frasi ad effetto (se sei stato bene, le parole saranno semplici come le impressioni che ti porti appresso), né invii cumulativi nel caso le fasi del colloquio siano state più d’una e tu abbia avuto a che fare con più selezionatori (in quel caso lì, prova a creare due o più mail diverse esprimendo lo stesso sentimento: l’originalità, di solito, paga). Ma soprattutto, se non è stata per te questa esperienza degna di nota, lascia perdere la lettera. E dimentica tutto questo.
