Un futuro nel coding: perché (e come) diventare app developer

Che le prime a fiutarne il potenziale fossero le università, c’era da aspettarselo. E infatti, da anni, un po’ per prestigio e un po’ per profitto, molti degli atenei più reputati d’Italia stanno timidamente introducendo lo studio della materia in lauree e master. Meno probabile era invece prevedere quello che poi si sarebbe verificato; e cioè che la scuola primaria e quella secondaria avrebbero seguito il trend, portando anche sui banchi di elementari, medie e superiori piccole dosi di studio di questo nuovo linguaggio universale.

Ma per capire fino a che punto il coding stia diventando un fenomeno di massa, ci voleva evidentemente il marketing. La comparsa sugli scaffali dei negozi di giocattoli dei primi giochi da tavolo a tema, con tanto di primissime rudimentali nozioni di programmazione da offrire a baby-sviluppatori, sta proprio lì a dirci che il processo di sdoganamento del coding - da rompicapo per nerd a intrattenimento per bambini - può dirsi ora definitivamente compiuto.

Perché questa ondata di interesse? Semplice: perché quello dello sviluppatore, e in particolare dello sviluppatore di App, è il mestiere del futuro. Futuro prossimo, se possiamo aggiungere.

Per capire quanto prossimo, bastano due o tre dati, tra i tanti che ci raccontano questa particolare branca della galassia dei lavori ICT. Tra i più significativi ci sono quelli raccolti dalla società di analisi “App Annie” e ripresi in questo articolo apparso sul Corsera a firma Domenico Affinito e Milena Gabanelli.

Entro il 2021, è in sintesi il prodotto dell’indagine condotta dalla società americana, l’economia che ruota intorno al mercato delle app potrebbe diventare la terza a livello mondiale, generando qualcosa come >6.350 miliardi di dollari di indotto. Per apprezzare meglio la fragranza del dato, lo ripetiamo: seimilatrecentocinquanta miliardi. Insomma non male per un mercato che nel 2008 era praticamente inesistente e che, otto anni più tardi, valeva “solo” 1.300 miliardi di dollari. Per gli amanti delle statistiche, la percentuale di crescita del mercato delle app nei cinque anni che vanno dal 2016 al 2021 sarà del 385%. Recuperate la mascella.

Stime che giustificano ampiamente il crescente interesse occupazionale attorno a questo segmento dell’ ICT. Ambito che richiede, e che richiederà sempre di più in futuro, una professionalizzazione importante. Che si traduce in sviluppatori qualificati e costantemente aggiornati, del tutto in linea con le esigenze dei consumatori. Utenti che alle App appalteranno sempre più aspetti della loro esistenza, e che non saranno neanche lontanamente sfiorati dal timore di ricorrere a un programma per soddisfare pure la minima esigenza di vita.

Come spesso accade con professioni in ambiti tecnologici, però, la velocità con cui il settore si sviluppa è nettamente maggiore alla capacità del mercato di “produrre” professionisti che sappiano supportare questa crescita. Ecco perché avvicinarsi oggi al mercato del lavoro con in tasca la qualifica da sviluppatore di App promette di riservare belle sorprese in termini di salari e opportunità. Tanto in Italia quanto all’estero. La penuria di “mano d’opera qualificata” agisce sull’appetibilità di questo mestiere come uno eccitante naturale.

Tuttavia, al di là dei segnali incoraggianti di cui accennavamo in partenza, che testimoniano una netta presa di coscienza da parte della società rispetto al ruolo che il coding giocherà nell’imminente futuro, garantirsi una specializzazione adeguata resta un compito ancora piuttosto disagevole. Specie per le donne .

Una formazione specifica per lo sviluppatore di app, almeno in Italia, ancora non esiste, e le istituzioni faticano a stare al passo con le esigenze imposte dalla domanda che arriva dal settore. Nel web il futuro app developer trova certamente un alleato importante, dal momento che online è possibile trovare consigli, tutorial e software gratuiti capaci di offrire qualche nozione di base per intraprendere questo mestiere .

L’ideale resta, tuttavia, preparare il terreno (e la mente) conseguendo studi accademici in ambiti affini all’ICT, vale a dire Informatica, o Ingegneria informatica, o Elettronica delle telecomunicazioni. Provando in seguito a implementare la propria formazione con un master o un corso pubblico o privato, in Italia o (meglio ancora) all’estero.

Avere competenze dirette nell’utilizzo delle piattaforme per i sistemi operativi iOS e Android (le due principali “autostrade” sulle quali le App viaggiano) resta un prerequisito, ovviamente. Completano poi il quadro delle qualità necessarie una conoscenza tecnica approfondita dei linguaggi di programmazione più comuni (Java; C++; SQL; XML; Objective-C) e competenze più “soft”.

Dal momento che programmare significa accedere a un livello di conoscenza (ancora) destinato a un’élite, un buon developer è anche quello che riesce meglio di altri a tradurre quei linguaggi e a metterli a disposizione di chi poi dovrà interpretarli e perfezionarli.

Buone capacità di integrazione, di lavoro in team e di relazione con le figure professionali più prossime (account, project manager, grafici, sistemisti) costituiscono doti che un mercato in costante espansione saprà certamente ricompensare.