Cosa cercano le aziende quando assumono

I bisogni dei recruiter cambiano in funzione di una serie quasi infinita di fattori. Quindi stabilire con precisione cosa cercano le aziende quando assumono è praticamente impossibile per chiunque. La buona notizia, è che è impossibile stabilirlo in anticipo anche per gli stessi recruiter che stanno effettuando la selezione. In che senso? Proviamo a fare chiarezza.

Se da un lato è vero che stabilire a priori cosa occorre a un selezionatore è impossibile, dall’altro è vero anche, però, che il mercato del lavoro ha iniziato a manifestare una singolare standardizzazione nelle richieste e nei desiderata dei responsabili di ricerca e selezione.

E in quest’ottica c’è in effetti una “skill” che supera tutte le altre, quando si tratta di capire cosa cercano i selezionatori nel momento di portare a bordo una risorsa. Il problema, semmai, è che questa abilità non la si può sviluppare, né allenare in alcun modo. Né, tantomeno, la si può acquisire mediante certificazioni o attestati di varia natura. Perché in cima agli aspetti più interessanti per un recruiter c’è una questione di metodo più che di merito. Visto che l’abilità di cui parliamo corrisponde all’esatta corrispondenza tra i suoi bisogni (ovvero quelli dell’azienda per cui lavora) e le competenze del candidato o della candidata che sta selezionando.

È quanto emerge dal rapporto annuale Future of Work 2022 realizzato da Monster, secondo cui la direzione presa dagli HR, in Italia, premia sempre di più la coerenza e la pertinenza di un curriculum con i bisogni dell’azienda. Secondo l’indagine, che ha coinvolto centinaia di recruiter di tutto il mondo, il migliore consiglio su come farsi trovare dai recruiter è dunque proprio quello di iniziare una ricerca di lavoro con l’annuncio tra le mani, capire quanta corrispondenza c’è tra le proprie competenze e i bisogni dell’azienda, e poi creare il proprio CV rispettando le indicazioni contenute proprio nell’offerta di lavoro (parole chiave, competenze richieste, cronologia e centralità nel testo). Dopotutto, se il recruiter si è preso la briga di inserire nell’annuncio proprio quelle competenze, e non altre, un motivo ci sarà.

Le priorità dei recruiter secondo il Future of Work di Monster

Le lacune nel curriculum continuano ad essere un grave handicap nella selezione del candidato, ma in Future of Work vengono elencate le priorità da premiare quando si tratta di selezionare un profilo.

Vedremo più avanti cosa accade nel resto del mondo, ma per la stragrande maggioranza degli HR italiani intervistati la corrispondenza delle competenze è senz’altro l’aspetto in grado di fare la differenza. Ed è un risultato clamoroso, se pensiamo che l’anno precedente, nello stesso rapporto, questo tipo di esigenza non veniva neanche menzionata. Un buon candidato, è la lezione che possiamo trarne, deve quindi prima di tutto dimostrare che l’insieme delle sue hard e soft skill sono esattamente quelle che servono al datore di lavoro.

Adattamento ed esperienza, gli altri fattori determinanti

Nato per offrire un supporto al lavoro delle aziende in cerca di personale, il Future of Work di Monster si conferma ancora una volta una risorsa preziosa anche per tutti quei candidati che vogliono capire come farsi notare dai recruiter. Scorrendo le molte pagine dell’indagine globale, emergono infatti altri due fattori ritenuti indispensabili dagli HR a caccia di talenti da inserire in azienda.

Il primo è l’esperienza lavorativa rilevante (anche un tirocinio, purché nello stesso ambito); il secondo è l’adattamento culturale che il candidato deve saper dimostrare già in fase di colloquio. Far capire, in sostanza, che è in grado di adattarsi rapidamente alla filosofia aziendale e diventarne un interprete. Abilità e competenze, in fondo, possono essere apprese tramite la formazione una volta entrati in azienda, ma la personalità di una risorsa è una dote innata.

Nel dettaglio, ecco i primi cinque aspetti relativi a cosa cercano le aziende (tra parentesi la posizione in graduatoria dello scorso anno):

  • Skill match (lo scorso anno non veniva menzionata)
  • Tirocinio/Esperienza lavorativa rilevante (1°)
  • Adattamento culturale (4°)
  • Presenza al Colloquio (2°)
  • Abilità tecnologiche (3°)

Come farsi notare dai recruiter nel “nuovo” mondo del lavoro

Sarà che ormai certe abilità si danno per scontate. Sarà che la pandemia ha rimescolato le carte, stabilendo nuove priorità per le aziende e attribuito di riflesso un nuovo valore alle competenze dei candidati. Fatto sta che, come abbiamo appena visto, quello che si spalanca davanti ai candidati è un “nuovo mondo” del lavoro.

E in questo mondo nuovo le competenze tecniche, comprese quelle digitali e tecnologiche, valgono meno. Non perché effettivamente valgano meno, anzi, ma perché le aziende, consapevoli del fatto che questo genere di abilità scade più in fretta, hanno iniziato a attribuirgli molta meno importanza nel breve periodo. Puntando tutto sulla formazione interna all’azienda. Quindi a una fase successiva alla selezione.

Come dimostra il caso della conoscenza informatica, che non è più tra le priorità di cosa cercano le aziende. Se risultava al quarto posto della graduatoria stilata da Future of Work 2021, nel 2022 questo tipo di competenza è slittata fuori dalle prime cinque posizioni. La fotografia che regalano gli HR italiani del resto è molto simile, come abbiamo visto è scivolata in quinta posizione. Perché i tempi cambiano, certe competenze non servono più, ma altre sono così essenziali che si danno per acquisite.

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