"Mi parli di lei": la domanda al colloquio che manda in crisi i candidati
Come tutte le domande a piacere, anche sentirsi dire al colloquio “mi parli di lei” può mandare in crisi chiunque. E questo perché quando un recruiter accoglie in azienda uno dei profili ritenuti idonei per una posizione, spesso cerca di rompere il ghiaccio in modo anche informale. Rivolgendo questa domanda molto particolare, certamente generica, ma che è sicuramente in grado di fornire indicazioni utili su chi si ha di fronte. Ecco perché chiunque stia preparando la sua ricerca di lavoro è bene che ne tenga conto, magari anticipando una possibile risposta.
Come affrontare la domanda al colloquio “Mi parli di lei”
Il grado di difficoltà della domanda al colloquio “mi parli di lei” è insito nella infinita varietà delle risposte possibili. Il candidato che se la sente rivolgere viene apparentemente messo a suo agio, ma allo stesso tempo è costretto a selezionare - in tempi rapidissimi - gli argomenti da toccare per fare una buona impressione e non apparire presuntuoso.
È chiaro allora che sarebbe sciocco non andare preparati, studiando una risposta chiara ed esaustiva, attraverso la quale il candidato potrà apparire sicuro di sé. Essendo magari anche in grado di toccare, in due o tre minuti, gli aspetti salienti della propria personalità e della propria esperienza.
Vediamo insieme allora come rispondere alla domanda al colloquio “mi parli di lei”: l’obiettivo deve essere quello di riuscire ad essere precisi e puntuali, pur restando concisi. In modo da convincere il recruiter, fin da subito, che si trova di fronte alla persona giusta da assumere.
Empatia e carattere: una biografia in quattro mosse
Quando chiedono al colloquio “mi parli di lei”, recruiter ed HR non vogliono conoscere vita, morte e miracoli del profilo che hanno di fronte. Neanche quando pagano per farlo. Sono invece maniacalmente attratti da tutto quello che, nella vita della risorsa che stanno valutando, attiene alle capacità e alle conoscenze professionali. In particolar modo quelle attinenti alla posizione aperta.
Appare chiaro allora che il candidato, preparando una risposta alla fatidica domanda, debba tenere in considerazione questo aspetto e concentrarsi in modo particolare su quattro aspetti della sua biografia:
- Gli studi
- Le esperienze professionali
- Le competenze acquisite
- Gli obiettivi
Per quanto riguarda i primi due aspetti, ci si può limitare a illustrare sinteticamente il proprio percorso, sia formativo che professionale, magari andando a evidenziare i progetti significativi a cui si è partecipato. Per gli altri due punti invece il consiglio è quello di porre l’accento sui risultati ottenuti e su quanto le precedenti esperienze professionali abbiano contribuito a far acquisire conoscenze specifiche. Conoscenze che, passando al quarto punto, potranno essere uno straordinario gancio per parlare dei propri obiettivi personali e di carriera. Il più importante dei quali non potrà che condurre al fatto di iniziare una nuova esperienza lavorativa in un’azienda e in un ruolo come quello per cui ci si è candidati.
Una risposta non vale l’altra: gli errori da non commettere
Ci sono diversi errori che il candidato potrebbe commettere e pertanto vale la pena soffermarsi su di loro. Per prima cosa bisogna stare molto attenti a non dilungarsi troppo su esperienze marginali o lontane nel tempo. E fare attenzione anche alle competenze non pertinenti con la posizione richiesta.
È bene inoltre che il candidato non si limiti a ripetere quanto già indicato nel curriculum o nella lettera di presentazione, ma sappia approfondire altri aspetti di sé. Così come è importante che l’intervistato non faccia riferimento a obiettivi professionali oggettivamente irrealizzabili nella sua nuova esperienza lavorativa. Infine, l’errore assolutamente da evitare: far capire all’interlocutore che la scelta di andare a lavorare in quella determinata azienda è motivata principalmente da un bisogno economico.
La descrizione di sé, l’esame più difficile da superare
Ci sono poi altre raccomandazioni che gli esperti Monster.it si sentono di rivolgere ai candidati che si preparano per un colloquio di lavoro. Perché raccontare se stessi non è così facile, soprattutto se in un tempo limitato e davanti a uno o più esaminatori. Ma ci sono altri ostacoli che rendono impervio il percorso tra la prima intervista e l’assunzione.
In questo caso è indispensabile per esempio:
- Prepararsi a rispondere alle domande sul proprio curriculum.
Il candidato deve essere in grado di descriverlo in modo dettagliato, arricchendolo magari con dati che possano testimoniare i risultati della propria esperienza passata, ma anche inserendo ganci con la nuova posizione che si vuole ricoprire.
- Isolare un episodio.
Ovvero selezionare dal proprio percorso professionale una storia, un aneddoto per spiegare meglio un’esperienza passata che lo ha visto esprimere una qualità utile anche nel nuovo lavoro. Il momento del colloquio è fondamentale per far trapelare le proprie competenze: farlo in maniera empatica, ponendosi nel modo giusto ed entrando in sintonia con l’intervistatore, è un vantaggio da non trascurare.
- Acquisire quante più informazioni possibili sull’azienda.
Occorre cercare di sfruttarle a proprio vantaggio. È importantissimo far capire ai propri interlocutori che si conoscono realtà, mission e filosofia aziendale. Attraverso la rete possiamo cercare informazioni anche sul recruiter: conoscere in anticipo la persona che si avrà davanti può rivelarsi molto utile per entrare in sintonia durante l’intera selezione.
- Focalizzare pregi e difetti.
È una domanda che molti recruiter fanno nel corso dell’intervista, chiedendo al candidato di menzionarne alcuni. Bene dunque preparare in anticipo una risposta adeguata.
- L’atteggiamento durante il colloquio.
È bene allenarsi anche sul proprio “standing”. Ad avere di fronte al selezionatore una postura corretta ma rilassata. Molti candidati soffrono l’ansia, sono nervosi davanti ad un recruiter. È bene allora esercitarsi anche a casa per controllare meglio il proprio corpo. I nostri gesti e i nostri movimenti sanno parlare almeno quanto le nostre corde vocali. Ed è un linguaggio che gli HR più esperti conoscono alla perfezione.
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