I cinque errori più commessi quando si scrive un CV

Di Valerio Sordilli, giornalista e Monster contributor

Ogni giorno, in un angolo qualsiasi del mondo, un candidato a un posto di lavoro investe tempo e pazienza per la creazione del proprio curriculum. Ogni giorno, lo stesso candidato si domanda e ridomanda se e come aggiungere una competenza perché venga valorizzata dal recruiter, se citare o meno quel piccolo lavoretto svolto durante gli studi, se menzionare la partecipazione a quel corso online di pasticceria, oppure no. Ogni giorno, in ogni angolo del mondo, un candidato a un posto di lavoro vanifica questi sforzi commettendo (quasi sempre) gli stessi errori.

Nel corso del tour che abbraccia ogni anno le principali università italiane, gli specialisti della selezione di Monster hanno raccolto nel tempo alcuni dei più banali errori commessi quando si scrive un CV.

Inesperienza, scarsa concentrazione, sottostima delle opportunità offerte da un buon curriculum in fase di ricerca attiva di lavoro: sono tante le ragioni dietro questi passi falsi. Non potendo elencarle tutte, si è deciso allora di elencare almeno gli errori. Mettendone in fila cinque. I più ricorrenti. E, a pensarci bene, anche i più clamorosi.

Il titolo.

È di solito il primo o l’ultimo gesto che si compie con il CV tra le mani: scegliere il titolo. L’errore di moltissimi col titolo è quello di nominare il curriculum col proprio nome e cognome. Ebbene, chiamare così il proprio CV vuol dire, per farla breve, condannarsi all’irrilevanza. Perché? Perché Monster (e molti altri siti come Monster) funzionano con le stesse logiche dei motori di ricerca. E allora perché se effettuate una qualsiasi ricerca voi inserite il nome preciso di ciò di cui avete bisogno e un recruiter non dovrebbe fare altrettanto? Avete mai sentito di un recruiter che, per cercare un marketing manager per la propria azienda, abbia scritto “Mario Rossi” sull’apposito spazio del motore di ricerca? Beh, neanche noi. Ecco perché il titolo del vostro curriculum deve essere lo stesso del posto per cui vi state candidando. Vi presentate per un posto da ingegnere gestionale? Il titolo del vostro CV dovrebbe allora essere “ingegnere_gestionale.doc”. Vi interessa quella posizione da social media manager? Titolo del CV: social_media_manager.doc”. Tutto chiaro? Bene. Andiamo avanti.

Le dimensioni.

Tra i moltissimi falsi miti della ricerca di lavoro , le dimensioni del Curriculum meritano certamente una menzione d’onore. Molti candidati credono infatti che più informazioni inseriscono meglio riesciranno a impressionare il selezionatore. Niente di più sbagliato! Se è vero, infatti, che il CV perfetto non esiste, è vero anche che quello migliore non supera le dimensioni di una pagina di A4 (nel caso dei neolaureati, poi, less is more). Grazie al web, il CV oggi non è più quello di un tempo , ovvero l’elenco - dettagliatissimo - di tutte le nostre competenze, ma si è trasformato in un innesco per catturare l’attenzione del recruiter. Un’attenzione che dura, in media, 31 secondi . Ancora sicuri di voler aggiungere quella riga nel CV, adesso?

La grafica.

Quanti sono 31 secondi? Provate a contarli e arriverete da soli al tema che vorremmo affrontare in queste righe. Il punto è che, quando scrivono il proprio curriculum, molti candidati tendono a dimenticare che non solo il tempo a loro disposizione è davvero limitato, ma ignorano anche che i livelli di attenzione del recruiter sono ai minimi storici. Colpire nel segno, oggi, vuol dire solo una cosa: scrivere meno, scrivere meglio. E che cosa c’è, meglio della grafica, per sintetizzare un concetto che richiederebbe altrimenti l’utilizzo di molte parole (quindi spazio, quindi tempo) in un curriculum? Niente. Trasformare la descrizione delle competenze linguistiche in un istogramma potrebbe dunque essere una buona soluzione per guadagnare tempo e colpire l’attenzione del selezionatore. Ma anche rappresentare le proprie soft skills con un grafico a torta potrebbe rivelarsi una scelta intelligente. O, perché no, raccontare la propria attitudine ai viaggi (è una competenza anche quella, altroché) inserendo una piccola grafica del mondo con su indicati i posti visitati.

Il colore.

Uno degli errori più comuni commesso da chi scrive il proprio curriculum è quello di dare per scontato che il recruiter abbia una stampante a colori. Non in tutti gli uffici ce n’è una. Non solo. Non tutti gli HR che ne dispongono, in ogni caso, potrebbero voler stampare i CV che ricevono a colori. Immaginate se lo facessero quelle società che ricevono migliaia di CV ogni giorno cosa significherebbe. Meglio allora non avventurarsi con la policromia, e lasciare che il proprio curriculum colpisca per semplicità e per aderenza all’annuncio di lavoro.

Sport e hobby.

L’errore di molti, una volta arrivati alla voce sport e hobby, è di considerare questo passaggio del CV quasi una perdita di tempo. Niente di più sbagliato. Per molte aziende, oggi, intuire il tipo di persona che si cela dietro un semplice elenco di competenze tecniche è quasi più importante delle competenze tecniche stesse. Trovare il modo giusto (vedi alla voce grafica) per raccontare cosa fate nel vostro tempo libero, quali interessi avete, quali passioni vi animano, in definitiva “cosa siete” fuori dall’orario di lavoro, potrebbe rivelarsi una scelta molto apprezzata dai recruiter. Uno sport o una sensibilità particolari possono infatti dire molto sulle vostre soft skills e sulla vostra intelligenza emotiva . Abilità diventate nel giro di pochissimi anni il vero oro nero nelle mani qualsiasi candidato.